Cinquantuno poesie suddivise in sei sezioni e un titolo romanticamente inquietante: sono questi gli ingredienti dell’ultima fatica letteraria di Francesco Azzirri, alla sua terza prova poetica dopo Sostanze in era e 1101 . In questo suo ultimo lavoro, l’autore sembra mosso dall’urgenza di riconsegnare all’arte della parola poetica – e, quindi, a quella sua capacità intrinseca di scomporre e ricomporre il mondo – un potere riconciliatorio. Le composizioni della raccolta, che fanno quasi sempre leva sul richiamo alla sonorità della parola, scorrono uide come fotogrammi scavando lentamente la dura corazza di una umanità sempre più globalizzata e accecata dalla retorica del progresso tecnologico.
Francesco Azzirri è nato nel 1981 e vive nella campagna pratese. Si è laureato in Italianistica all’Università degli Studi di Firenze. Suoi scritti, racconti e poesie, sono apparsi in antologie edite da Giulio Perrone Editore. Con Eretica Edizioni ha pubblicato la raccolta di poesie Sostanze in era ( nalista al Premio “Prato di Poesia – Nicola Fini” 2018), il libro 1101 (connubio di opere pittoriche e poesie composto con il pittore modenese Sergio Padovani) e la raccolta di racconti Delle crepe sul reale (seconda classi cata alla XIII edizione del Premio Nazionale “Giovane Holden” – sezione libro racconti edito e Diploma d’onore con menzione d’encomio alla V edizione del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarroti”). È uno degli autori del Repertorio dei matti della città di Prato (Marcos y Marcos, 2018).